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Il futuro della medicina di genere, all'incontro tra nuove tecnologie dell'informazione e una società che matura

 Questa lettura è parte di un percorso di conversazione in cui più volte la medicina, in quanto disciplina dell’investigazione umana, è stata chiamata in causa come elemento che ha perpetuato una discriminazione tra uomini e donne. Questa è una responsabilità che storicamente va assunta in pieno, se pensiamo che solo nel terzo millennio, nel 2003, fu pubblicato uno studio che dimostrava che un ciclo mestruale può contenere più ovulazioni fertili[1] e che solo un paio di anni dopo fu pubblicata il primo studio macroanatomico del clitoride[2]. 


Ma il nostro intento oggi (come è stato ben chiarito da chi ha parlato prima di me offrendo una definizione di sesso come variabile definita biologicamente e di genere quale variabile che cattura l’espressione dell’interazione tra fattori biologici, culturali, sociali nel definire l’identità dell’individuo) non è quello di concentrarsi soltanto sul futuro della medicina di fronte a uomini e donne, ma di riflettere sull’inclusione della diversità espressa dall’umanità, in toto. E a voler essere rigorosi, anche parlando di sesso, perciò di biologia secondo la definizione accettata per questa conversazione, la realtà di fronte a noi non sarebbe dicotomica: pur se meno frequenti, e il più delle volte classificati come stati patologici, tra gli umani esistono più di 2 sessi biologici[3,4] basi pensare ai Klinefelter o (come suggerito dal pubblico) alla sindrome di Morris.

Allora pensare al futuro della medicina di fronte alla diversità pare diventare una riflessione sul problema dell’ottimizzazione dell’offerta di cure di fronte ad una incertezza circa la composizione della popolazione servita[5]. Questa non è una riflessione nuova, ricordo anni fa’ durante un workshop di riflessione sul design dei servizi sanitari del futuro, un collega (che ovviamente resterà anonimo) che avendo descritto l’ospedale come “una macchina perfettamente oliata, con i suoi percorsi basati sulle migliori evidenze” identificava come principale barriera all’efficienza delle cure la popolazione generale dei pazienti in accesso che “non era pronta per essere inserita in questi percorsi” immaginando una soluzione che si “estendesse al territorio organizzando e classificando adeguatamente i pazienti in arrivo”. Non credo sia necessario dilungarsi sull’ironia di proporre che quello che chiamiamo servizio sia perfetto ma richieda che il proprio pubblico sia cambiato per funzionare al meglio, così come sono certo che nessun collega (come d’altronde fu vero per il collega che inizialmente propose questa riflessione) seriamente auspichi una medicalizzazione della vita dei cittadini mirata all’ottimizzazione delle cure, pur se in alcune occasioni di riflessione sul solo problema dell’efficientamento del sistema di assistenza sanitaria l’argomento possa occasionalmente e ripetutamente emergere per una sorta di tunnel vision esasperata temporanea.

Allora perchè quello che sembra un proposito eccellente, ovvero ottimizzare la nostra offerta di servizio per massimizzare il numero di persone servite a parità di spesa, e la qualità del servizio offerto, può risultare in tensioni e paradossi quali quelli menzionati da chi mi ha preceduto oggi (ad esempio gli errori di diagnosi che portano gli stessi sintomi ad essere classificati come primariamente di natura cardiologica negli uomini, e psicosomatici nelle donne)? Abbiamo già sentito del bias dei dati. Ed è trapelato, nel proposito di promuovere una maggiore inclusione di dati da volontari donna, come il dato non sia unicamente un’entità oggettiva che rivela la verità del mondo, ma un artefatto della nostra misura, e dell’intenzione di misurare stessa. Ed ecco che, facendo un passo indietro, voglio proporre la provocazione che il problema dell’ottimizzazione della medicina nella sua evoluzione verso il futuro dipenda dalla nostra selezione dei modelli della realtà che informano anche le nostre decisioni di misura. 

Vorrei dunque proporre una breve digressione attraverso la letteratura economica. Alcuni anni or sono il Prof. Ole Peters (un fisico per educazione, adesso impegnato in economia appunto) ha concentrato la propria attenzione sui fondamenti dei modelli economici andando a concentrarsi sulla teoria dell’utilità attesa[6]. Questa è un concetto fondamentale in economia ed ha diramazioni in molte altre discipline, incluse la psicologia e la medicina dove costituisce l’impianto di riferimento per la valutazione della razionalità degli agenti di fronte alla opzionalità avendo generato ampia letteratura sulla presunta irrazionalità di alcuni agenti[7], fenomeno che scompare però, quello dell’irrazionalità, quando si tenga conto come proposto da Peters della non sussistenza della presunzione di ergodicità nel calcolo del valore atteso[8,9]. L’impatto della sostituzione del modello di riferimento è enorme, come i lettori concorderanno, dato che smonta un’intera impalcatura teorica che potrebbe altrimenti giustificare una stigmatizzazione di parte della popolazione già più vulnerabile. Quel che più mi ha colpito dell’incontro con il lavoro di Peters è stato scoprire come desse un linguaggio formale ad intuizioni che circolano in medicina da decenni e di cui io stesso mi sono fatto portavoce tra i primi nel Gennaio 2004, durante il congresso “GC Descovich - Epidemiology and prevention of cardiovascular diseases: from pioneering work to scientific evidence”, ovvero sia che la cosiddetta medicina di precisione, basata sulla sempre più raffinata stratificazione della popolazione, NON può condurre ad una medicina personalizzata proprio a causa dell’errore fondamentale su cui poggia: che le esperienze di una popolazione riepiloghino le esperienze possibili dell’individuo.



Questo argomento è alla radice del discorso sull’inclusività di genere, genere che, in quanto espressione dell’individuo, non è da presumersi investigabile tramite raggruppamenti più o meno estensivi o precisi, alla leggera. E permettetemi un secondo riferimento alla letteratura che ha radici in economia, ma che probabilmente sarebbe più correttamente classificata come logica, citando il Professor Taleb, che certamente conoscerete come autore de “Il cigno nero”[10] in cui viene presentata al lettore una categoria di eventi la cui probabilità di realizzazione è estremamente bassa (ed usualmente sottostimata per la scelta di modelli di riferimento erronei) ma dalle conseguenze enormi. È impossibile riassumere in poche parole le lezioni offerte dal Taleb, ma nei suoi libri (e qui voglio riferirmi anche al testo sull’antifragilità[11]) viene raccontata la miopia delle scelte di comodo di chi organizzando sistemi umani, usualmente con una accountability (quella che l’autore chiama skin in the game) limitata o profondamente diluita da fattori culturali od organizzativi, decida a favore di modelli di riferimento semplificati sui quali diventa possibile operare delle vere e proprie scommesse di ottimizzazione contro la realizzazione di eventi estremi, affidando al futuro il problema di gestire l’ampliamento dell’orizzonte epistemico che l’inevitabile realizzazione dell’improbabile (sottostimato dal modello scelto) indurrà. Esiste la possibilità di impegnarsi a disegnare il proprio sistema perchè sia antifragile, e benefici della dispersione e degli eventi rari (suona come la diversità, vero?), ma viene spesso (sempre, in tempi contemporanei?) presa la decisione di aderire ad una visione semplificata e facilmente classificabile della realtà, in cui le code della distribuzione scompaiono, per poter spingere l’ottimizzazione dell’organizzazione all’estremo a discapito dell’esposizione al rischio (rischio di disfunzione catastrofica, di esclusione, …).

Eppure proprio in tecnologia abbiamo degli esempi virtuosi da cui apprendere anche per l’organizzazione della Sanità: pensiamo ad esempio all’evoluzione dei servizi cloud commerciali. Certamente per un fornitore di servizi cloud (pensiamo ad Amazon AWS, Microsoft Azure, per esempio) non è possibile offrire un servizio “standard” uguale per tutta la clientela, tanto diversa cui si rivolge. Come può ottimizzare dunque i costi dell’offerta per sostenere un margine di profitto adeguato? La soluzione adottata da questi agenti del mercato è stata quella di ottimizzare gli ambiti profondi della supply chain, le fondamenta dell’infrastruttura, che isolano quegli elementi e quelle azioni che possono essere disegnati e gestiti quanto più possibile come macchine in cui minimizzare l’incertezza e la sorpresa[12], mentre al front-end vengono offerti servizi microparcellizzati[13] che consentono una coproduzione dinamica con gli utenti finali al fine di poter catturare la massima diversità e novità, accettando un trade-off relativamente isolato sull’efficienza. Infatti, anche in ambito medico approcci simili si stanno diffondendo (principalmente nell’industria): grazie ad esempio al progresso delle tecnologie di 3D-printing diversi device (e.g. strumenti chirurgici) oggi possono essere personalizzati con costi molto inferiori al passato, mantenendo una parte del progetto standardizzata mentre gli elementi di contatto con l’utente (e.g. la mano del chirurgo) o con il paziente (e.g. nel caso di condizioni anatomiche particolarmente sfidanti) possono essere progettati su misura e stampati ad hoc con una minimizzazione dell’impatto economico della personalizzazione[14].

Volendo dunque giungere al termine di questa nostra breve chiacchierata, è evidente che una soluzione già validata per il disegno di un sistema sanitario inclusivo ed equo rispetto al genere, come rispetto alla diversità umana più in generale, ad oggi non è disponibile, e altrimenti non saremmo qui a parlare del problema in questo bel tavolo interdisciplinare. È possibile però trarre da quanto discusso finora alcuni spunti per la discussione di una roadmap: innanzitutto per catturare una realtà più ampia con le nostre indagini, ritornando al tema del bias dei dati, sarebbe possibile attingere dalla lunga esperienza della medicina narrativa, che oggi può beneficiare degli strumenti dell’etnografia digitale, per aprire la porta ad una introiezione di visioni alternative del significato di salute, dell’esperienza delle cure, e delle aspettative di fronte al servizio, direttamente dal pubblico che serviamo. Sarebbe poi utile aprire la porta ad una messa in discussione delle gerarchie e della conseguente percolazione di responsabilità ed autorità, nel sistema sanitario, ‘ché un ridisegno del sistema ispirato ai principi dell’antifragilità ed alle lezioni dell’industria IT (menzionata oggi, ma una tra le altre) non potrà che essere accompagnata da un rimaneggiamento dei rapporti di potere. Oggi abbiamo strumenti che ci consentono di sperimentare futuri alternativi che non avevamo mai avuto a disposizione prima, non solo tecnologici, ma anche normativi[15], e spetta a noi come comunità sensibile, avviare un percorso che guidi i nostri pari alla scoperta del possibile.



Post scriptum

Dalla platea è stata mossa l’obiezione che non sia corretto parlare di ottimizzazione ma di standardizzazione, chiosando che in assenza di standardizzazione si rischia (certamente una figura iperbolica, ndA) che qualcuno si curi con lo yoghurt.

Senza volersi dilungare, se l’ottimizzazione è un problema, la standardizzazione è un approccio, uno strumento che si adotta per risolvere il problema dell’eccessiva diversità (in medicina solitamente adottato per navigare la complessità appoggiandosi ad una tassonomia di riferimento, imperfetta ma utile). Sono dunque due entità gnoseologicamente differenti, e ha poco senso opporle in un paragone. Effettuata una standardizzazione, il problema dell’ottimizzazione rispetto allo standard adottato infatti persiste, ed è ciò di cui si occupa il management, anche in Sanità. Noto però l’ironia di proporre che la soluzione alla sfida dell’inclusività di genere possa in qualche modo emergere dalla standardizzazione, che ne è infatti il nemico: oggi lo standard della medicina pare essere l’uomo, bianco, benestante, ed aggiungere uno standard donna, o uno standard gay, per quanto sicuramente rappresenti un progresso, pare più l’inclusione di un gruppo sottorappresentato sufficientemente ampio da produrre nuovo sostegno alle pratiche correnti, che una vera apertura alla diversità… si concede fin dall’inizio che qualcuno dovrà restare escluso tra i margini dei nuovi standard.



Vi è poi da commentare, per quanto come ammesso già l’immagine delle cure con yoghurt dovesse probabilmente essere una iperbole retorica, che l’argomento che in assenza di standardizzazione venga meno l’appropriatezza è una fallacia da argomento fantoccio. Nelle cure ciò che è essenziale è la conoscenza di quanto sia inutile o addirittura dannoso, escluso il quale resta ancora una vasta gamma di possibilità che normalmente ad oggi vengono navigate per esclusione basandosi su controindicazioni da comorbidità o terapia preesistente, ipersensibilità, persino preferenze del paziente rispetto all’esperienza della cura. In un futuro in cui la standardizzazione sia giustamente adottata ovunque sia necessaria (processi produttivi dei farmaci e dei devices, controllo post-marketing, gestione eventi avversi, formazione continua del personale, servizi ad elevata disponibilità, …), come visto nell’industria del cloud, non è assolutamente da dare per scontato che sia desiderabile spingere tale standardizzazione fino all’ultimo miglio dell’interfaccia con l’utente, constringendo gli umani ad adattarsi a tassonomie di comodo… pena cadere nell’errore e nell’ironia del collega che anni fa’ parlava dell’ospedale già perfetto attribuendo l’inefficienza alla popolazione servita di cui ho raccontato all’inizio.


Licenziato sotto la Creative Commons BY-NC-ND 4.0 International

Per citare questo documento, fare riferimento al DOI: 10.5281/zenodo.8073377


Bibliografia:

  1. Baerwald AR, Adams GP, Pierson RA. A new model for ovarian follicular development during the human menstrual cycle. Fertil Steril. 2003 Jul;80(1):116-22. doi: 10.1016/s0015-0282(03)00544-2
  2. O'Connell HE, Sanjeevan KV, Hutson JM. Anatomy of the clitoris. J Urol. 2005 Oct;174(4 Pt 1):1189-95. doi: 10.1097/01.ju.0000173639.38898.cd
  3. Testard-Vaillant P. How Many Sexes Are There? CNRS News. January 8th, 2016 https://news.cnrs.fr/articles/how-many-sexes-are-there
  4. Ainsworth C. Sex Redefined: The Idea of 2 Sexes Is Overly Simplistic. Scientific American Nature Magazine. October 22, 2018 https://www.scientificamerican.com/article/sex-redefined-the-idea-of-2-sexes-is-overly-simplistic1/
  5. Chen L, Dong T, Peng J, Ralescu D. Uncertainty Analysis and Optimization Modeling with Application to Supply Chain Management: A Systematic Review.  Mathematics 2023, 11(11), 2530; https://doi.org/10.3390/math11112530 
  6. Peters O. Optimal leverage from non-ergodicity. Quantitative Finance. 2011;11(11):1593-1602 DOI: 10.1080/14697688.2010.513338
  7. Whalley J. Rationality, Irrationality, and economic cognition. 2005 CESifo Working Paper No.1445 https://www.cesifo.org/DocDL/cesifo1_wp1445.pdf
  8. Peters O. The time resolution of the St Petersburg paradox. Phil. Trans. R. Soc. A. 2011;369:4913–4931 http://doi.org/10.1098/rsta.2011.0065
  9. Meder D, Rabe F, Morville T, Madsen KH, Koudahl MT, Dolan RJ, et al. (2021) Ergodicity-breaking reveals time optimal decision making in humans. PLoS Comput Biol 17(9): e1009217. https://doi.org/10.1371/journal.pcbi.1009217
  10. Taleb NN. The Black Swan: Second Edition: The Impact of the Highly Improbable: With a new section: "On Robustness and Fragility".  2010. Random House Publishing Group; 2nd edition 
  11. Taleb NN. Antifragile: Things that Gain from Disorder. 2013 Penguin; 1st edition
  12. Montgomery DC, Woodall WH. An Overview of Six Sigma. International Statistical Review / Revue Internationale de Statistique. 2008;76(3):329-346 https://www.jstor.org/stable/27919650 
  13. Balalaie A, Heydarnoori A, Jamshidi P. Microservices Architecture Enables DevOps: An Experience Report on Migration to a Cloud-Native Architecture. IEEE Software 2016;33(3):42-52 DOI: 10.1109/MS.2016.64
  14. Espinoza Orías AA. Personalized Surgical Instruments. in (2022) Additive Manufacturing in Biomedical Applications. edited by Narayan RJ. ASM International 23A ISBN: 978-1-62708-392-8 https://doi.org/10.31399/asm.hb.v23A.9781627083928
  15. Art. 36 decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020 (Semplificazione e innovazione digitale) convertito con legge 11 settembre 2020 n. 120





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